Varicocele femminile
Che cos’è il varicocele pelvico femminile?
Il varicocele pelvico o femminile, meglio definito come insufficienza venosa pelvica, venne descritto inizialmente nel 1949 da Taylor (21), che introdusse per la prima volta il termine di sindrome da congestione pelvica consistente in dolore pelvico, dismenorrea (dolori durante il ciclo mestruale), disuria, dispareunia (difficoltà ad avere normali rapporti sessuali), congestione vulvare con o senza varici vulvari.
Il varicocele pelvico o cogestione pelvica non è altro che una dilatazione abnorme del plesso venoso dell’addome inferiore o pelvi che comporta un aumento di sangue a tale livello. Oltre al dolore pelvico cronico, si associa frequentemente a varici del pavimento pelvico ( perineali e vulvari ) e a varici ectopiche delle vene della coscia con le quali comunicano.
La diagnosi clinica è generalmente legata alla presenza del dolore pelvico cronico che affligge queste pazienti, con evidente aumento della sintomatologia dolorosa nel periodo della ovulazione e delle mestruazioni. Per dare stime più precise la dismenorrea si manifesta in circa il 15-25% mentre la dispareunia, si manifesta nel 40% dei casi. Infine dilatazioni varicose della parte inferiore della vagina, della vulva e/o degli arti possono essere evidenti nel 55 -70% delle donne con varicocele pelvico.
In quest’ultimo caso si tratta di varicosità definite atipiche perché tendono a distribuirsi alle cosce in zone diverse da quelle della ben più nota insufficienza della vena safena, prendendo anche origine da plessi venosi emorroidari, del perineo (zona che a livello anatomico comprende genitali esterni ed ano), della regione inguinocrurale e/o delle grandi labbra. Queste pazienti purtroppo sono già state sottoposte spesso ad interventi vari per la correzione di varici degli arti inferiori ma con scarsi risultati.
A volte proprio la comparsa precoce di varici recidive deve far sospettare l’esistenza di reflussi extrasafenici riferibili alla sindrome da varicocele pelvico. Spesso i forti dolori ed il senso di pesantezza che affliggono la donna con varicocele non vengono subito riconosciuti dal curante e la paziente si rivolge a diversi specialisti prima che venga scoperta la vera causa.
A volte viene proposta l’asportazione dell’utero e degli annessi ma difficilmente questo risolve il problema. In Italia, circa 250.000 donne soffrono di varicocele pelvico e molte non hanno avuto mai una vera e propria diagnosi convivendo per anni con forti dolori e continui disagi, urgenza urinaria, costipazione intestinale e/o congestione emorroidaria.
EPIDEMIOLOGIA E PATOGENESI
Il varicocele pelvico è spesso trascurato nella diagnosi differenziale dei dolori addominali nonostante sia presente nel 10-15% delle donne comprese tra i 18 e 50 anni. Il dolore pelvico cronico affligge circa il 10% delle donne in età fertile; è definito come un dolore addominale o pelvico, non ciclico, che deve essere almeno presente per un periodo minimo di 6 mesi.
Viene riferito a livello del basso addome e può essere presente sia in modo continuo che intermittente; può aumentare sensibilmente al termine di una giornata lavorativa intensa, o a causa di stazionamento in posizione eretta o infine durante il ciclo mestruale. Può anche irradiarsi alle natiche e alle cosce, può associarsi a dispareunia, a sintomi di irritabilità vescicale o di costipazione addominale.
A livello fisiopatologico la comprensione del fenomeno non è ancora del tutto chiara. Diversi ricercatori ritengono che l’incontinenza delle vene ovariche porti progressivamente alle varicosità nel plesso retrouterino e nel legamento largo, varicosità associate a dolore pelvico a sua volta aggravato da un incremento della pressione intraddominale che inevitabilmente tende ad aumentare, durante la deambulazione o la stazione eretta protratta.
Il drenaggio venoso delle ovaie avviene attraverso un plesso venoso, che si anastomizza (comunica) con il plesso uterino all’interno del legamento largo. Dal suddetto plesso ovarico prende origine la vena corrispondente, ramo singolo o multiplo, che ascende adiacente al muscolo psoas per sfociare nella vena renale sul lato di sinistra, e nella vena cava sul lato di destra (Fig.1).
Studi su cadavere hanno mostrato che le valvole possono non essere presenti nelle porzioni più craniali della vena ovarica, nel 15% a sinistra e 6% a destra. In queste pazienti, l’incontinenza valvolare arriva ad avere un’ incidenza intorno al 25-37% , risultando molto più frequente nelle donne con più figli. Nella diagnosi differenziale con il varicocele pelvico è necessario escludere altre cause come problemi infiammatori pelvici, infezioni urinarie, malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn, neoplasie e sindromi da colon irritabile, diverticoliti), affezioni di carattere ortopedico e/o neurologico (spondilolistesi, lesioni dei dischi intervertebrali, stenosi del canale sacrale ) e malattie genitali (cisti ovariche, endometriosi, adenomiosi, miomi uterini). Altre patologie dello scavo pelvico (es. formazioni espansive ovariche, patologie delle radici nervose della cauda, ecc.)
DIAGNOSI



E’ importante, infatti, poter escludere la presenza di differenti varianti, se così possiamo definirle, di congestione pelvica, come la sindrome di Nutracker (frequente l’osservazione in questi pazienti di concomitanti varici agli arti inferiori e sangue nelle urine) che consiste nella compressione della vena renale sinistra da parte generalmente dell’arteria mesenterica superiore che gli passa sopra provocandone quindi lo schiacciamento (Fig.3- a,b).
Può essere anche utile in questi casi la determinazione del gradiente reno-cavale atto a dimostrare differenze pressorie significative fra i due vasi, (la vena cava e la vena renale).
Un altra sindrome che può associarsi alla congestione pelvica femminile è la sindrome di May-Thurner, ovvero uno schiacciamento di una vena da parte di un arteria nel basso addome. Il meccanismo è in pratica sovrapponibile a quello della sindrome dello schiaccianoci perché anche nella May-Thurner, un arteria (l’iliaca comune di destra) comprime una vena sottostante (l’iliaca comune di sinistra).
Lo schiacciamento franco della vena iliaca comune di sinistra comporta inevitabilmente una riduzione del deflusso di sangue da questa vena verso il cuore con conseguente aumento della pressione venosa a livello del piccolo addome. La risultante sarà la presenza di ristagno venoso e dilatazione delle vene pelviche, in pratica una vera e propria congestione pelvica. Nella sindrome di May-Thurner, oltre che la presenza di varicocele pelvico, soprattutto a sinistra, può essere presente anche un incremento della pressione ancora più a valle, e precisamente a livello delle vene dell’arto inferiore sinistro. In queste pazienti la presenza di dolore pelvico, dispareunia e varici solo o prevalentemente all’ arto inferiore sinistro dovrebbe sempre far insorgere il sospetto di sindrome di May-Thurner (fig 4a). Sia la sindrome di Nutcracker che la sindrome di May-Thurner, quando francamente debilitanti per la paziente, possono essere trattate dal radiologo interventista attraverso la riapertura della vena compressa mediante lil posizionamento di uno stent all’interno della stessa (fig 4b).

Fig 4a. Sindrome di May-Thurner. Compressione della vena iliaca comune di sinistra da parte dell-arteria iliaca comune di destra ( immagine sul piano coronale e assiale).

Fig 4b. Posizionamento di stent e completa riapertura della vena iliaca di sinistra (immagine sul piano coronale).
A livello anatomico, il sistema venoso intra-pelvico comprende due distretti tra loro sostanzialmente indipendenti, distretto parietale e distretto viscerale e due collettori principali, le vene ipogastriche (o iliache interne) e le vene ovariche. Nella vena ipogastrica non sono generalmente presenti valvole e questa è costituita da due tronchi, uno anteriore e uno posteriore sebbene non siano infrequenti variazioni anatomiche. Valvole sono spesso evidenti nella vena ovarica; inizialmente, in sede molto declive, la vena ovarica è costituita da molteplici afferenze che si anastomizzano generalmente (in altre parole confluiscono) all’altezza della terza – quarta vertebra lombare.
La vena ovarica a destra drena poi direttamente in un grande vaso, chiamato vena cava mentre a sinistra la vena ovarica drena nella vena renale omolaterale la quale a sua volta si getta nella vena cava ( Fig.1).
Questi esami consentono di valutare molto bene l’anatomia delle vene coinvolte oltre che a facilitare il successivo intervento di embolizzazione, una tecnica mininvasiva che non utilizza né tagli né bisturi e consente di rimuovere tutto il sangue in eccesso a livello della circolo venoso pelvico, quello responsabile dei forti dolori in questa malattia.
Associazione fra VARICOCELE FEMMINILE ED ADENOMIOSI
Un disturbo comune negli ambulatori di ginecologia è l’adenomiosi, spesso nota come endometriosi uterina. Specificatamente l’adenomiosi non è altro che la presenza di endometrio ( ovvero la porzione più interna dell’ utero, quella che riveste la cavità uterina) all’interno del miometrio e cioè all’interno della parete uterina. L’adenomiosi può essere localizzata e quindi coinvolgere solo un determinato segmento dell’utero o diffusa interessando o quindi la parete miometriale in toto.
Alcune donne fortunatamente risultano del tutto asintomatiche mentre altre possono mostrare sintomi come dolore pelvico, mal di schiena, menorragia, dispareunia e dismenorrea progressivamente crescente. Le donne sopra i 40 anni anni sono più inclini a questa malattia ma la patologia si può ossevare non infrequentemente anche nelle donne giovani spesso anche sotto i 30 anni. A volta addirittura può essere osservata in donne con meno di 20 anni e già portatrici di una sintomatologia importante se non invalidante. La malattia spesso coesiste sia con leiomiomi o fibromi uterini e che con l’ endometriosi. Sebbene gli adenomiomi causino raramente importante ipertrofia uterina ed effetti compressivi sugli organi circostanti , possono comunque causare sensazioni di dolore in particolare durante il ciclo mestruale a causa della forte infiammazione che la patologia comporta sul miometrio . Non sono tuttavia in tutti questi anni mancati alla nostra osservazione anche casi di adenomi osi con importante ingrossamento dell’utero ed estensione dello stesso al disopra della 5 vertebra lombare. ( fig 5)


Recentemente è stato riportato da alcune evidenze scientifiche che il varicocele o congestione pelvica femminile presenti un frequente associazione con l’adenomiosi. La stessa l’adenomiosi sembra rispondere più che bene all’embolizzazione ( per ulteriori info visita il sito adenomiosi.it del il Team di embolizzazione del Dr. Tommaso Lupattelli che possiede una delle 5 più grandi casistiche internazionali di embolizzazione di adonomiosi uterina). Non poche pazienti giungono alla nostra osservazione presentando entrambe le patologie. A volte è lo stesso radiologo interventista a scoprire a sospettare la stessa presenza di adenomiosi in pazienti affetta da varicocele pelvico.
In caso di associazione fra le due patologie la differenzazione della sintomatologia può essere in alcuni casi di non facile interpretazione (sebbene, come già sottolineato, molti sintomi correlati al varicocele femminile siano maggiormente presenti nelle ore serali o anche pomeridiane piuttosto che al mattino dove i sintomi possono anche essere assenti o piuttosto blandi.
Non è generalmente cosi invece per l’adenomiosi che dipende più dalle fasi del ciclo che dalle diverse ore della giornata). E’ quindi dal principio, fondamentale cercare di differenziare i sintomi dell’adenomiosi da quelli della congestione pelvica allo scopo di individuare correttamente il miglior piano terapeutico per il trattamento della paziente. Il Radiologo interventista deve essere quindi estremamente esperto anche sul piano clinico perche deve essere in grado di individuare gli eventuali ulteriori esami diagnostici cui sottoporre la paziente oltre che pianificare la migliore terapia medica ( in particolare per il varicocele pelvico) in attesa di eseguire, se indicato, l’intervento di embolizzazione. In alcuni casi il radiologo interventista potrebbe essere dell’avviso di dover trattare mediante embolizzazione entrambe le patologie ( adenomiosi e varicocele femminile) e ciò a seconda dei casi può essere fatto in un’unica seduta o in sedute differenziate. La priorità verso il trattamento di una o l’altra patologia può dipendere dalla loro estensione e gravità oltre che dalla maggiore e minore rilevanza di una sull’altra sul piano anatomico ma soprattutto clinico.
A tal proposito, nel caso di associazione fra congestione pelvica femminile e adenomiosi l’esperienza del team radiologico interventista come anche della struttura di ricovero e cura deve essere necessariamente molto alta ed è fondamentale, come vedremo anche poi in seguito, affidarsi assolutamente a radiologi interventisti estremamente dedicati al campo dell’embolizzazione.